23 gennaio 2008 Cile
Residui di dittatura
In fin di vita l’attivista mapuche in sciopero della fame per potestare contro il governo.
L’attivista mapuche, da 5 anni prigioniera politica nelle carceri
cilene, in sciopero della fame dal 10 ottobre, e per questo ricoverata
all’ospedale di Chillán, sta morendo. Le sue condizioni sono state
definite “gravi” ormai da giorni, ma la presidente Michelle Bachelet
sembra fare orecchie da mercante.
Leggi ingiuste. Si chiama Patricia Troncoso e sta scontando una pena di
dieci anni, perché giudicata colpevole di aver incendiato un bosco nel
2001, nella regione La Araucanía, l’area più cara ai mapuche. Una
sentenza pronunciata applicando, appunto, le leggi antiterroriste
cilene, e per questo giudicata iniqua dal popolo mapuche. Da qui la
forte protesta e lo sciopero della fame intrapreso da Patricia e da
altri tre prigionieri, per chiedere un nuovo processo, la libertà di
tutti i mapuche ncarcerati e la smilitarizzazione del cuore del loro
territorio.
La protesta. Una lotta silenziosa la loro, che le autorità locali non
stanno prendendo molto sul serio. Eppure la giovane Patricia sta morendo
e non si stanca di ripetere che è pronta a farlo per la causa mapuche,
per la quale ha partecipato a quell’incendio che le è costato la
prigione: assieme ad alcuni compagni ha appiccato il fuoco ad alcuni
pascoli, un modo per attirare l’attenzione su una lotta soffocata
dall’indifferenza generale. Lotta che continua anche da dietro le
sbarre, tanto che non è la prima volta che la donna sceglie forme
drastiche per dire basta: l’ultima volta ha rifiutato il cibo per
settanta giorni, poi ha creduto alle promesse del governo, che si sono
rivelate false.
libertà per i prigionieri politici mapuche in cileLa denuncia. Questa
volta non ha intenzione di cedere a nessuna lusinga. Solo i fatti la
salverebbero, perché Patricia è pronta davvero ad andare fino in fondo.
E a quanto pare, è destinata a farlo, dato che il governo non ha nessuna
voglia di considerare le ragioni di una lotta tanto estrema. Il fatto di
non aver nemmeno accettato le disperate richieste dei familiari di
trasferire la moribonda a Santiago, dove ci sono più strutture mediche
adeguate a sostenerla, dice tutto. Il governo teme che il trasferimento
nella capitale scateni massicce manifestazioni di solidarietà ai
mapuche, che là sono più numerosi e meglio appoggiati dai movimenti sociali.
La vita della ex studente di teologia è dunque appesa a un filo. E lo ha
denunciato il medico indipendente Berna Castro Rojas, smentendo il
bollettino emesso dall’infermeria della gendarmeria, che la dava per
stabile. Il suo cuore sta cedendo. I reni anche. Se non saranno prese
misure immediate, può morire in ogni momento.
Come prima. Il substrato in cui si inserisce la storia di Patricia è
fatto di soprusi e violazioni. Nell’Auracanía, violenze della polizia,
persecuzioni e discriminazioni sono all’ordine del giorno. Lo ha
ribadito anche una delegazione dell’Assemblea dei diritti umani del Cile
appena rientrata dalla zona mapuche. Se a questo si sommano i blitz del
redivivo Comando Trizano, gruppo paramilitare al soldo dei latifondisti
che occupano le terre mapuche, i conti son presto fatti. Torture,
montature di casi giudiziari inesistenti, pestaggi, minacce, eccessiva
presenza di poliziotti che osteggiano gli indigeni in barba alla legge,
arrivando fino a detenzioni arbitrarie, sono solo alcune delle pratiche
denunciate dagli osservatori che hanno girato il sud del paese per
quattro giorni. “Con spavento e orrore possiamo constatare che si vive
nella stessa condizione in cui visse il Cile durante gli anni della
dittatura”, ha dichiarato il presidente dell’Agrupación de Familiares de
Detenidos Desaparecidos. E in più, ogni angolo è costellato da
telecamere, con un grande fratello a dirigere dalla stanza dei bottoni.
Comando Trizano. Il gruppo paramilitare nacque nel 2000 durante il
conflitto fra le imprese forestali, le idroelettriche e i mapuche. Sono
armati e il loro scopo principale è l’intimidazione. Non sparano per
uccidere, ma per ferire. E in totale impunità.
la cattura di Patricia TroncosoL’appello di Amnesty. Intanto, anche
l’organizzazione Amnesty International è intervenuta nella vicenda,
sollecitando il governo cileno a interessarsi dello stato di salute
dell’attivista mapuche. Dicendosi preoccupata per Patricia e per
l’intero popolo mapuche cileno, la Ong che difende i diritti umani si è
rivolta a Michelle Bachelet, il capo di stato: “Ci appelliamo al suo
alto ruolo e alla sua sensibilità affinché si metta subito in moto per
prevenire un aggravamento ulteriore e per evitare situazioni che
accentuino il deterioramento dello scenario di violenza in cui sono
stati costretti gli individui e le comunità mapuche negli ultimi anni”.
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