12/07/2004
Esquivel: Benetton restituisca terre agli
indios
di Carmen Morrone ([email protected])
![Perez Esquivel]()
Adolfo Pérez Esquivel
Il premio nobel argentino lancia un appello all’impreditore veneto proprietario
di diversi ettari di terreno in Patagonia
”Cio’ che chiedo e’ un gesto di solidarieta’, un atto di altruismo verso
questa famiglia mapuche che, cacciata dalla sua terra, non ha altro futuro
che la poverta’ e la fame”.
Lo afferma, in un’intervista a ‘La Repubblica’, il premio Nobel per la
pace, l’argentino Adolfo Perez Esquivel, che ha scritto un appello a Luciano
Benetton, l’imprenditore veneto che ha vinto una causa contro una famiglia
mapuche della Patagonia.
La ragione del contendere e’ un appezzamento di terreno di 385 ettari
che fanno parte dei 900mila acquistati dall’azienda italiana in Argentina.
”Non e’ Benetton il nostro nemico. – continua Esquivel – Io voglio soltanto
che si renda conto che e’ complice di un’ingiustizia e gli offro il mio
aiuto per ripararla”.
”Quella terra e’ dei mapuche per diritto storico – aggiunge – sono loro
che la abitano da secoli. Se la legge non lo riconosce e da’ ragione a
Benetton, per me vuol dire soltanto che la legge e’ sbagliata”. ”Nel
mio appello – dice ancora Esquivel – chiedo a Benetton un gesto che definisco
‘storico’. Se un grande imprenditore come lui si rende conto della profonda
ingiustizia che c’e’ dietro la sentenza del Tribunale che gli ha dato
ragione, darebbe un segnale dirompente contro tutta la politica di sfruttamento
sofferta dagli indios’
”Sono certo che il dottor Benetto abbia agito in buona fede – sottilinea
il premio Nobel – e per questo voglio incontrarlo e raccontargli la storia
di quelle terre e delle comunita’ mapuche che le abitano da secoli”.
”Sono sicuro – dice – che comprendera’ l’atroce ingiustizia che e’ stata
commessa e che agira’ di conseguenza. Non in base alla legge, ma in base
alla morale ed alla ragione etica”. ”La comunita’ dei mapuche – prosegue
Esquivel – e’ pronta a dare battaglia e noi porteremo il caso alla Corte
di giustizia inter-americana e in tutte le sedi internazionali che si
occupano dei diritti umani”. ”Non vogliamo danneggiare l’immagine dell’azienda
italiana – conclude – ma se non dovessimo avere altra opzione…”
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