23 marzo 2007
La protesta degli indigeni
CHRISTINE LEGRAND
L’ Argentina è in vendita: l’allarme viene lanciato a Buenos Aires da economisti e ambientalisti, ma anche dalla chiesa cattolica. Il maggior proprietario terriero del Paese è un gruppo italiano: i fratelli Benetton, sbarcati in Patagonia negli anni ‘90. Oggi possiedono 900 mila ettari e sono i maggiori allevatori di pecore e produttori di lana dell’Argentina. Si dedicano anche alla reforestazione, con una grande varietà di alberi il cui legno viene utilizzato nella costruzione di mobili. Nel settembre 2006 la chiesa ha pubblicato il documento «Una terra per tutti», che criticava la vendita massiccia di terreni produttivi e risorse naturali agli stranieri. «Abbiamo troppa terra», diceva negli anni ‘90 il presidente Carlos Menem, invitando corporazioni e privati dall’estero a investire. Dal 2002 la svalutazione del peso ha accelerato la vendita frenetica e incontrollata. «Nel Nord, un ettaro costa quanto un hamburger», denunciano Andres Klipphan e Daniel Enz, che dopo tre anni di indagini hanno pubblicato «Tierras S.A.».
Sostengono che ci sono almeno «trenta progetti per regolare la vendita dei terreni, ma restano tutti nel cassetto». Circa 300 mila chilometri quadrati (il 10% del territorio) sono in mano a stranieri. Può sembrare poco rispetto alle dimensioni del Paese (2,780,000 chilometri quadrati), ma equivale a più della metà della Francia. «Se hanno soldi, possono acquistare tutto quello che vedono, anche nei parchi nazionali», sostiene Gonzalo Sanchez, autore di «La Patagonia venduta ».
E’ tra le regioni più colpite: quasi un terzo del territorio nazionale, abitata da appena il 5% dei 37 milioni di argentini, contiene le principali ricchezze del Paese, energia idroelettrica, l’80% del petrolio e del gas, e una delle maggiori riserve d’acqua dolce del pianeta. Ed è il paradiso dei miliardari stranieri. Douglas Tompkins, ex imprenditore americano convertito all’ecologia, che ha fatto fortuna con l’abbigliamento sportivo «North Face » ed «Esprit», possiede circa 4,500 chilometri quadrati di cui il 20% dedicato alla produzione e il resto alla conservazione della natura. Possiede anche 179,000 ettari a Corrientes, e 300,000 ettari nel Sud del Chili.
Dice che vuole solo proteggere l’ambiente, e che ha ceduto vasti terreni allo Stato, a condizione che restino unsariserva naturale. Il vicepresidente della AOL Time Warner e fondatore della Cnn, Ted Turner, possiede 45,000 ettari di terre dove va a pescare le trote. Joseph Lewis, uno dei britannici più ricchi, passa l’estate su 14,000 ettari intorno al lago Escondido. Il belga Huber Grosse ha acquistato 11,000 ettari a Rio Negro, dove i turisti ricchi vanno a giocare a polo e golf. «La Patagonia mi ricorda il Texas degli anni ‘50», dice Ward Lay, magnate delle patate fritte e amico di George Bush, che ha comprato migliaia di ettari in Patagonia, e vigneti a Mendoza, nell’Ovest.
Questi nuovi proprietari hanno attriti con le comunità di indigeni Mapuche, che li accusano di aver messo le mani sulle terre dei loro antenati. Si lamentano di non poter più accedere a certi laghi o sentieri di montagna, diventati proprietà privata. Robert Duvall, Richard Gere e Matt Damon possiedono «estancia» a Tucuman, Salta e Jujuy. Grandi gruppi vinicoli francesi, spagnoli e italiani vanno a Mendoza, ai piedi delle Ande, dove il clima è eccezionale per la vinicoltura, e un ettaro costa dieci volte meno che in California. Grandi gruppi minerari, soprattutto canadesi, estraggono oro e argento a San Juan, La Rioja e Santa Cruz, e tra gli investitori c’è Bill Gates. La caccia alla terra non appassiona solo stranieri, ma anche nuovi ricchi argentini, star dello spettacolo e dello sport, e politici. Il calciatore Gabriel Battistuta è uno dei maggiori proprietari terrieri della fertile Santa Fe. Secondo il «Clarin», 9 argentini su 10 si dicono preoccupati di vedere le risorse naturali in mano a stranieri. E 6 su 10 ci vedono un attentato alla sovranità della nazione. Copyright LE MONDE
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